Almeno una volta nella vita, ogni ciclista si sarà chiesto se possibile trasportare il proprio mezzo sui principali convogli italiani.
Di solito la soluzione più adatta è quella di smontare tutto e riporto in una sacca per il trasporto, ma cosa succede quando non vogliamo o non possiamo intervenire sulla fedele due ruote?
Questo dilemma sta diventando sempre più pressante a fronte degli incentivi ad acquisire una mobilità più sostenibile: e bike, monopattini e bici da viaggio rappresentano un modo di limitare nel proprio piccolo le emissioni dannose che ognuno, dal pendolare a chi viaggia solo una volta all’anno, deve per forza produrre.
In tutta Europa non mancano soluzioni come i convogli dotati di carrozze per la bicicletta, utilizzati soprattutto nelle tratte a lunga percorrenza dove è più facile trovare chi ha bisogno di mezzi pronti all’uso: ma è con una nota di disappunto che la FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) ha rilevato come l’Italia sia ancora piuttosto indietro, con soluzioni che, quando sono presenti, spesso si rivelano inadeguate.
Il problema del trasporto bici su Rock e Pop
In realtà, l’Italia di base non partirebbe neanche così male: certo secondo FIAB, su 2200 stazioni solo 60 sono dotate di velostazioni dove lasciare in sosta la propria bicicletta, ma 3 città su 4 offrono comunque un luogo nelle vicinanze dello scambio ferroviario riservato ai mezzi a due ruote.
I veri problemi iniziano quando un pendolare o un viaggiatore desidera trovare uno spazio pensato per contenere una bici direttamente a bordo, cosa che non solo comprende l’aumento della tariffa del biglietto (tranne che sui regionali di Marche, Abruzzo, Sicilia, Puglia, Basilicata, Liguria, Campania e Valle D’Aosta), ma anche l’impossibilità, per alcuni modelli, di un sistema contenitivo adeguato.
Prendiamo il caso dei nuovi modelli che, secondo il piano varato da Trenitalia, sostituiranno il 50% della flotta attuale.
Questi, nelle varianti Pop e Rock (a un piano e a due piani), vengono concepiti per massimizzare lo spazio e offrire soluzioni innovative a livello di tecnologia e trasporti.
È proprio così? Per quello che riguarda la comodità dei ciclisti sembrerebbe di no, in quanto stando alle indagini FIAB del 2019 i primi prototipi non permettevano l’alloggiamento di biciclette con ruote di ampio diametro, problematica che è stata in parte risolta aumentando le distanze ma limitando così lo spazio per i movimenti.
Insomma, possono stare comodi solo il ciclista o la bici.
Biciclette: sono tutte uguali?
Il trattamento poco attento riservato ai mezzi a pedali sulle linee ferroviarie non deriva solamente da un calcolo errato degli spazi reali necessari per l’aggancio e lo sgancio della bicicletta, ma anche dalla dimenticanza riguardo alla varietà per dimensioni, forme del telaio e ruote.
Non sono pochi i passeggeri che per muoversi ricorrono a mtb, bici elettriche o mezzi comunque più importanti rispetto alla classica bici pieghevole, e si parla solo di pendolari.
Per il cicloturismo è ancora tutto un altro discorso: non solo si rischia di disincentivare il viaggiare in maniera sostenibile, ma si rischia anche di assestare un duro colpo a un settore che, paradossalmente, le singole regioni stanno tentando di sfruttare con percorsi ed esperienze ad hoc.
Questo vale a dire che sicuramente un ciclista può trovare pane per i suoi denti in una determinata località, a patto di arrivarci (il più delle volte) con una piccola odissea.
Le bici da viaggio, infatti, hanno anche l’aggiunta di borse e bagagli che certamente non trovano facilmente posto nelle carrozze dedicate, costringendo all’ennesima scelta fra il bagaglio, la due ruote o lo stesso cicloamatore.
Soluzioni concrete per un futuro più sostenibile
Proprio le problematiche elencate sopra hanno spinto le associazioni di ciclisti a presentare delle rimostranze a Trenitalia, forti anche del sostegno di strutture ricettive e altri organi che desiderano tutelare l’ambiente.
Questi hanno proposto alcune soluzioni che non solo aiuterebbero a migliorare l’esperienza dei viaggiatori, ma porterebbero anche profitto alle stesse stazioni, con più passaggio e, di conseguenza, più soldi.
Ecco le principali:
- Velostazioni sicure e raggiungibili: i punti di scambio del Bel Paese purtroppo non sempre garantiscono una reale protezione dai furti e spesso sono difficili da operare dagli stessi ciclisti. Per questo è necessario intervenire con sportelli di sicurezza, vigilanza e, in ultimo, infrastrutture dedicate come rampe e dislivelli meno proibitivi.
- Migliore efficienza delle carrozze: se dalla bici non ci si può separare Trenitalia deve poter garantire le risorse necessarie per un viaggio comodo, offrendo lo spazio necessario al viaggiatore con sedute e sistemi a parete adeguati.
- Maggiore accessibilità: gli spazi concepiti per le biciclette non bastano, ma occorre cominciare dalle stesse stazioni che raramente offrono scale, ascensori o pedane che facilitino il movimento nella struttura o la salita e la discesa dai treni.
Il futuro del movimento sostenibile è necessario per l’Italia, che dovrà intervenire in questo senso per delle strutture che siano veramente bike-friendly.